AUNG SAN SUU KYI in buone condizioni ma ancora agli arresti 17/06/03 - da F.Grandin
I
timori che nelle scorse settimane avevano accompagnato il fitto mistero attorno
alla sorte di Aung San Suu kyi si sono fortunatamente dissolti dopo la visita in
Birmania (oggi Myanmar) da parte dell'inviato Onu Razali Ismail.
Dopo aver incontrato la donna, leader del partito di opposizione NLD, l'inviato
delle Nazioni Unite ha infatti riferito ai giornalisti, in un incontro avvenuto
nei pressi della caserma militare dove Suu Kyi è detenuta, che la donna è "in
buone condizioni di salute". La notizia è stata accolta con sollievo da parte
della comunità internazionale visto che nei giorni scorsi si era diffusa la voce
che Suu Kyi potesse essere rimasta ferita o addirittura uccisa nei concitati
momenti che avevano portato al suo arresto. Al riguardo, Razali ha affermato che
Suu Kyi è estremamente in collera con i dirigenti della giunta militare che
hanno disposto il suo arresto, poiché ritiene che le accuse che le sono state
mosse, tra cui quella di tramare per destabilizzare il paese, siano
assolutamente prive di fondamento. E sembra davvero difficile poterle dare torto
visto che Suu Kyi si è sempre battuta per la causa pacifista (ricevendo anche il
premio Nobel per la pace) e che proprio a lei che aveva vinto regolari elezioni
democratiche non è mai stato consentito di andare al governo a causa
dell'instaurazione di un regime dittatoriale. Con riferimento allo specifico
episodio dell'arresto della donna, numerosi testimoni oculari hanno inoltre
riferito che Suu Kyi si trovava all'interno della sua autovettura, che peraltro
procedeva a velocità estremamente esigua, quando alcune camionette dell'esercito
l'hanno bloccata e portata via di forza.
Da allora, era il 30 maggio, Suu Kyi è in stato di arresto e fino all'incontro
con Razali non le era stato consentito di parlare con nessuno. Non mancano,
peraltro, alcune critiche da parte della comunità internazionale nei confronti
dello stesso Razali. L'inviato Onu, infatti, viene da più parti accusato di non
aver esercitato alcuna pressione sulla giunta militare affinché Suu Kyi sia
rilasciata, affermando al contrario che lo stato di arresto costituirebbe per la
donna "una forma di protezione" per la sua sicurezza. Il prossimo giovedì Aung
San Suu Kyi compirà 58 anni e per quel giorno i gruppi birmani di opposizione
stanno organizzando delle manifestazioni di protesta tentando di coinvolgere la
comunità internazionale. Vogliono che la loro leader venga liberata, ma
soprattutto sperano in un cambiamento radicale delle loro istituzioni: forse Suu
Kyi verrà liberata prima di giovedì, questo almeno è quello che la giunta
militare ha affermato, ma la strada per la democrazia sembra davvero ancora
lontana.
Condizioni disperate per 189 prigionieri politici 22/04/03 - da F.Grandin
Si
fa sempre più drammatica la situazione per numerosi prigionieri politici
rinchiusi nelle carceri della Birmania (ora Myanmar). Secondo quanto viene
riferito da diverse fonti e da molteplici rapporti stilati da organizzazioni per
la tutela dei diritti umani, sarebbero almeno 189, allo stato attuale, i
prigionieri politici che necessitano di cure immediate per poter sopravvivere.
Le pessime condizioni igieniche delle carceri birmane, malattie non debitamente
curate e l'imposizione di regimi alimentari non adeguati hanno ridotto in fin di
vita la maggior parte dei detenuti politici, rinchiusi principalmente nelle
carceri della capitale Rangoon (oggi Yangon). Si tratta per lo più di persone
che militano nei partiti di opposizione al regime dittatoriale che si è
instaurato nel paese e che hanno pagato con la prigione i loro sforzi verso il
ritorno della democrazia. La maggior parte dei prigionieri appartiene al
National Leaugue for Democracy, il partito di Aung San Suu Kyi, la donna premio
Nobel per la pace che da decenni combatte per la democrazia nel suo paese. E
proprio Aung San Suu Kyi ha aggiunto la sua voce al coro di protesta che cerca
di levarsi nel paese birmano, dove si cerca di richiamare l'attenzione della
comunità internazionale affinché i prigionieri politici vengano liberati e
curati. "La situazione è inaccettabile", ha detto Aung San Suu Kyi, "molti
uomini stanno morendo, quasi tutti iniziano ad avere disturbi mentali a causa
dei lunghi periodi di isolamento cui sono costretti. I diritti umani sono
calpestati, ma il regime continua a negare ogni accusa. Ma non ci arrendiamo,
lotteremo fin quando la democrazia non tornerà a regnare nel nostro paese".