La Repubblica di Sergio Salvetti


[Dopo essere stata colonia britannica]...Nel 1937 la Birmania ottenne un governo autonomo. L'invasione giapponese (1942-45) scosse profondamente il Paese, procurò vaste distruzioni e ne ritardò il processo di indipendenza, che fu proclamata nel 1947.
Dal 4 gennaio 1948 la Birmania è una Unione Federale, continuamente travagliata da tensioni sociali e politiche e da rivolte etniche indipendentiste, soprattutto delle minoranze karen e shan.
Nel 1962, col pretesto di riportare ordine nel Paese dilaniato dalla guerriglia e dai dissidi di una classe politica inesperta, un colpo di stato militare depose il primo ministro U Nu, personaggio preminente durante la lotta di liberazione, che aveva siglato con gli Inglesi l'atto di indipendenza del Paese.
Sali al potere il Generale Ne Win che sarebbe stato l'"uomo forte" indiscusso fino al 1987: un capo che amava comparire in pubblico in ciabatte, le scarpe più comuni dei Birmani, e sarong ( che qui si chiama logyj ), ma dal pugno di ferro.
Durante il regime militare il Paese ha continuato a essere travagliato dalle lotte autonomiste degli Shan, dei Karen, dei Kachin e dei Mori che amministrano i loro territori come zone liberate, precluse all'esercito regolare.
Un altro "fronte" interno è costituito dai resti sbandati delle truppe nazionaliste cinesi di Ciang- Kai-Shek rifugiatesi in Birmania dopo la vittoria dei comunisti di Mao.
L'ísolamento totale di questi gruppi ha favorito l'instaurarsi di un potere di tipo feudale da parte di alcuni capi di bande armate. Tutte le "armate" private trafficano oppio, pietre preziose, legname pregiato, bestiame: merci che prendono “clandestinamente” la via della Thailandia.
Si calcola che la metà dell'oppio prodotto nel mondo provenga dalle regioni Shan.
In queste condizioni nacque e acquistò sempre più forza l'opposizione di studenti, intellettuali e lavoratori che, nel 1987, sarebbe sfociata in vastissime proteste popolari; il Generale Ne Win, l'uomo forte del regime, si era da poco ritirato e il successore, da lui stesso designato, venne travolto dalla generale protesta che segui la sanguinosa repressione delle manifestazioni di studenti e giovani bonzi dell'estate del 1988 (i giornali esteri riferirono di almeno 3000 vittime e di un imprecisato numero di arrestati, torturati e deportati).
Il regime militare vacillò e promise elezioni democratiche, ma appena le acque si calmarono venne costituito il Consiglio per la restaurazione della legge e dell'ordine (SLORC): lo scopo era evidente fin dalla stessa denominazione della nuova giunta militare, guidata dal generale Saw Maung, un'altra creatura di Ne Win.
Fu in questo frangente che emerse la figura di
Aung San Suu Kyi , orfana di un non dimenticato eroe della lotta anticolonialista, la quale, da Londra, dove si era sposata e risiedeva, rientrò in patria per assistere la madre malata e divenne un simbolo della rinata coscienza popolare.
Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia e premio Nobel per la pace 1991
Fondò la Lega Nazionale per la Democrazia che costrinse i militari ad indire le elezioni promesse. Questi, prima arrestarono San Suu Kyi e i suoi più vicini collaboratori (luglio 1989) con l'accusa di "minaccia alla sicurezza nazionale", quindi, sicuri di controllare a Paese, accettarono il confronto elettorale.
Il 27 maggio 1990 la Lega stravinse con l'82 % dei voti, mentre il partito dei militari si aggiudicò un misero 6%.
Fu un'altra illusione per i democratici birmani: i militari non avevano nessuna intenzione di cedere il potere.
Nel 1991 la leader birmana ottenne il premio nobel per la pace e negli anni seguenti il regime dovette fronteggiare un maggiore isolamento internazionale e numerose sanzioni economiche. Benché la liberazione di Aung San Suu Kyi, (luglio 1995), avesse lasciato presagire un impegno concreto della Giunta militare per l'avvio di un processo democratico e di un maggiore rispetto per i diritti umani, i successivi eventi - in particolare le misure restrittive ai danni di esponenti della LND, la repressione delle proteste studentesche (nel dicembre del'96 imponenti manifestazioni di universitari costrinsero la giunta all'ennesima chiusura dell'Università di Rangoon) e le brusche inversioni di rotta che hanno immancabilmente fatto seguito alle parziali aperture del regime - hanno in realtà dimostrato come l'attuale dirigenza militare non sia intenzionata a consentire una transizione democratica del Paese.
Tale conclusione non ha mancato di aumentare le già gravi preoccupazioni nutrite dalla Comunità internazionale nei riguardi della situazione generale in Birmania, anche in ragione del suo disastroso record in materia di diritti umani (la Giunta ha anche di recente - 25 novembre 2000 - negato nuovamente l'ingresso nel Paese ad una missione investigativa della Commissione ONU per i Diritti umani).
In tutti questi anni sono state ampiamente documentate innumerevoli e gravissime violazioni dei diritti umani. Le torture in carcere, il lavoro forzato la repressione delle minoranze e la detenzione senza processo sono diventati fatti usuali .