L' I N D I A - L'economia di Sergio Salvetti
L'agricoltura 
L'economia indiana si basa in larga misura sull'agricoltura. Purtroppo il regime 
delle precipitazioni può compromettere il raccolto per l'eccesso di piogge, che 
causano alluvioni, o per il ritardo con cui arrivano. 
Per evitare le frequenti carestie che nel passato portavano alla 
sottoalimentazione ed alla diffusione di epidemie, negli ultimi anni sono state 
intraprese ingenti opere di regimazione dei corsi d'acqua (dighe) e di 
irrigazione (ci sono più di 126.000 km di canali). Si sono inoltre introdotte 
nuove varietà di cereali ad alta resa, così da ovviare alle carenze alimentari 
della popolazione (anche se persistono forti disparità tra luogo e luogo e tra 
le caste). 
Oggi l'India può addirittura esportare derrate alimentari, nonostante 
l'incremento demografico. Molte sono le colture attuate, ma particolare 
importanza assumono per l'alimentazione il riso e il sorgo (dei quali, oltre che 
del grano, l'India è uno dei principali produttori mondiali). Poco sviluppato, 
invece, è l'allevamento, per motivi religiosi. 
La vastità del Paese e la varietà delle caratteristiche ambientali propongono 
una vegetazione spontanea alquanto ricca, che ha suscitato gli interessi 
coloniali. Se il colonialismo ha aperto le porte all'economia di tipo 
occidentale, nazionalizzando certe colture e introducendone altre, è vero, però, 
che lo sfruttamento indiscriminato delle foreste ne ha ridotto notevolmente 
l'estensione originaria.Infatti, accanto alle piante da frutto, (come l'albero 
del pane, il mango, la papaia ed altre), in India si ritrovano piante da legno 
pregiato, come l'ebano, il mogano, il legno di rosa, il sandalo, il teak. Altre 
piante hanno rappresentato un elemento importante per l'economia, come l'hevea 
(una palma originaria dell'Amazzonia da cui si estrae il caucciù per incisione 
del tronco), il cocco, la noce moscata, la cannella, il pepe ed infine il the. 
Importato dagli Inglesi nel secolo scorso dalla Cina, il the si propone in molte 
varietà. La qualità varia secondo l'altitudine alla quale si attua la 
coltivazione: per questo motivo, il the viene spesso venduto sotto forma di 
miscela. Il raccolto si svolge durante tutto l'anno, tranne che in inverno, ed è 
effettuato dalle donne, che asportano con le mani dagli arbusti cespugliosi il 
germoglio e le prime foglie sottostanti. 
Le piantagioni, create dai colonizzatori, hanno continuato a produrre per i 
Paesi occidentali e sono spesso controllate da società multinazionali. 
L'allevamento
L'India possiede il maggior patrimonio bovino del mondo (193 milioni di capi), 
cui vanno aggiunti 79 milioni di bufali d'acqua. 
Questo numero enorme si spiega con il fatto che gli induisti nutrono un grande 
rispetto per tali animali e sono contrari non solo alla loro macellazione per 
uso alimentare, ma anche all'abbattimento dei capi vecchi e malati; perciò i 
bovini non vengono selezionati come avviene negli allevamenti razionali e 
moderni: spesso si vedono per le strade questi animali magri e famelici, che 
vagano qua e là alla ricerca di qualcosa da mangiare, contendendo alimenti ad 
una popolazione che già vive in condizioni precarie. 
Anche se non sono fonte di proteine, i bovini vengono utilizzati nei lavori 
agricoli e forniscono modeste quantità di latte e burro, mentre lo sterco bovino 
essiccato è sfruttato come combustibile; anche le pelli vengono utilizzate e 
l'India è il maggior esportatore di cuoio. Oggi, comunque, la macellazione dei 
bovini è permessa in alcuni Stati, considerato che gruppi religiosi come i 
musulmani (85 milioni), i cristiani e anche gli intoccabili non sono tenuti a 
rispettare il divieto induista. 
Importante è pure l'allevamento dei caprini (famosa la capra del Kashmir, 
fornitrice della lana omonima) e degli ovini, principali fornitori di carne fino 
a non molto tempo fa.
Da non dimenticare la bachicoltura, che fornisce però una seta poco pregiata: 
poiché l'induismo vieta l'uccisione della crisalide, per consentire l'uscita 
della farfalla dal bozzolo, il filamento di seta risulta spezzato in diversi 
punti, perciò il tessuto presenta molti nodi.
Le risorse minerarie
L'India possiede importanti risorse minerarie. Tra le fonti energetiche vi sono 
il carbone, che pone l'India al 4° posto fra i produttori mondiali, il petrolio 
e il gas naturale. Possiede inoltre grandiosi giacimenti di ferro e miniere di 
manganese, alluminio, rame, piombo, zinco, oro, diamanti, uranio, mica; di 
quest'ultimo minerale, usato per le sue proprietà di isolante termico ed 
elettrico, l'India è il primo produttore mondiale. 
L'energia elettrica è fornita per un quarto circa da centrali idroelettriche, 
mentre il resto è prodotto da centrali termoelettriche (tranne un 2% prodotto da 
impianti termonucleari). 
Complessivamente la produzione di elettricità è insufficiente al fabbisogno dei 
Paese: meno del 35% dei villaggi ha l'elettricità e frequenti sono inoltre le 
interruzioni nella fornitura di corrente. 
Le industrie
L'industria di base ha fatto notevoli progressi nei settori siderurgico, chimico 
e petrolchimico. 
Gli impianti siderurgici sono concentrati negli Stati orientali dei Bihar, dell'Orissa 
e del Bengala, dove la valle del fiume Damodar è stata soprannominata la "Ruhr 
indiana" per la forte concentrazione industriale; ciò è avvenuto poiché in 
queste zone vi è una fortunata vicinanza di giacimenti di carbone e di ferro.
L'industria chimica e petrolchimica è in grado di fabbricare prodotti di base, 
fibre sintetiche, fertilizzanti, gomma sintetica, farmaceutici, ecc. 
L'industria tessile è stata la prima industria manifatturiera in India: verso la 
metà del secolo scorso prese avvio la tessitura del cotone a Bombay ed ebbe in 
seguito una grande espansione, che pose l'India fra i massimi produttori ed 
esportatori di tessuti di cotone; a questo settore si aggiunsero poi quelli 
della lavorazione della iuta, della lana e della seta. 
L'industria meccanica produce materiale ferroviario, motori elettrici, 
automobili, macchine per cucire; vi sono pure officine aeronautiche, cantieri 
navali, industrie per la lavorazione della carta, del cuoio, per la produzione 
del cemento, ecc. In pratica l'industria indiana è in grado di fabbricare tutti 
i prodotti di uso corrente, anche se la qualità dei prodotti è mediocre e non 
adatta all'esportazione. 
L'artigianato vanta tradizioni prestigiose e produce oggetti raffinati: sari di 
seta, scialli e tessuti ricamati (celebri quelli del Kashmir), sculture in 
avorio e legno, gioielli in filigrana d'argento e pietre preziose.
Notevole l'industria cinematografica, che per numero di film prodotti, pone 
l'India al primo posto nel mondo.
                                                                                                                
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Mentre la tecnologia annulla le distanze nel mercato globale, l'India sembra 
pronta a cogliere le nuove occasioni più di nessun altro paese. Piena di 
laureati che parlano e scrivono perfettamente in inglese alla ricerca disperata 
di lavoro, sta diventando una calamita per attività di servizi, dai più banali 
ai più sofisticati. 
Gran parte di questi lavori - dal processamento dati a rifiniture high-tech - 
sono legati ad aziende USA ed europee, che stanno allestendo uffici in tutto il 
paese a ritmo sostenuto. Gli uomini d'affari e di governo indiani, nel 
frattempo, assecondano la tendenza, accogliendo a braccia aperte le società 
occidentali con un brusco cambiamento del tradizionale atteggiamento del paese 
nei confronti dei capitalisti stranieri. 
Dopo l'indipendenza nel 1947, i governi indiani hanno spesso preferito agli 
investitori occidentali politiche socialiste e protezioniste abbastanza vicine 
al vecchio modello sovietico. L'India è rimasta fuori dal boom asiatico degli 
anni 70 e 80: ora sembra pronta a prendere al volo il treno della nuova 
economia. 
Stimolati dal successo dell'industria di software nazionale - un affare da 5 
miliardi di dollari l'anno - dirigenti e imprenditori indiani stanno facendo 
sforzi straordinari per invitare le aziende occidentali ad aprire sedi nel 
paese. Il costo della manodopera è talmente basso, la qualità del servizio 
talmente alta, che la proposta è irresistibile per molti. 
Il prodotto da vendere-comprare è l'informazione: viene trasmessa via satellite, 
e i lavoratori indiani la trasformano in file, la classificano, la analizzano e 
la rispediscono indietro. Le aziende occidentali stanno assumendo indiani anche 
per lavori di programmazione e progettazione ad alto livello - a un terzo del 
costo dei mercati locali. Il Bechtel Group di San Francisco dà lavoro a 400 
ingegneri di Nuova Delhi che lavorano in progetti in tutto il mondo. La Ford 
utilizza ragionieri indiani per gestire i propri affari asiatici. La Pfizer, 
gigante farmaceutico, effettua ricerche in India su medicinali per il 
trattamento del cancro, malattie infettive e mentali. Tutto a basso costo, con 
scarsi controlli ed enormi profitti.